L’azienda di design
Domenico Dolce è nato il 13 agosto 1958 a Polizzi Generosa mentre Stefano Gabbana è nato il 14 novembre 1962 a Milano. Dolce iniziò già a disegnare e confezionare i suoi vestiti all’età di sei anni.[3] Il primo incontro tra i due avvenne per telefono, quando Dolce chiamò l’azienda di moda per cui Gabbana stava lavorando, in cerca di lavoro. Dopo essere stato assunto dalla ditta, Gabbana prese Dolce sotto le proprie ali e gli insegnò il funzionamento del processo di design per un’azienda di moda e come abbozzare nuovi design. Poco dopo l’assunzione di Dolce, Gabbana fu arruolato per il servizio civile di 18 mesi presso un istituto di malati mentali, ma dopo il suo ritorno i due crearono un’azienda di consulenza nell’ambito del design.[4] Nonostante lavorassero insieme, fatturavano sempre separatamente, finché un commercialista consigliò loro di fatturare congiuntamente in modo da semplificare le cose e rendere l’attività più efficiente dal punto di vista dei costi. I due cominciarono a fatturare ai clienti con il nome di Dolce e Gabbana, che diventò il nome della loro attività di design in via di sviluppo.[3] La prima collezione del duo di stilisti è stata mostrata nell’ottobre del 1985,[4] insieme a cinque altre nuove etichette, nell’ambito della Milan Fashion Week. I due non avevano soldi per delle modelle, pertanto cercarono aiuto dai loro amici; non avevano neanche soldi per fornire accessori alle loro modelle, quindi queste vestirono semplicemente i loro oggetti personali come complemento ai vestiti. Come tenda per lo stage utilizzarono persino un lenzuolo da letto che Dolce portò da casa.[5]
I due stilisti diedero il nome di Real Women alla loro prima collezione, dovuto in parte all’impiego di donne del posto sulla passerella.[4] Le vendite della loro prima collezione furono abbastanza deludenti e costrinsero Gabbana ad annullare l’ordine di tessuto fatto per creare la seconda collezione. Quando i due andarono in Sicilia per Natale la famiglia di Dolce si offrì di pagare il costo della fornitura e per coincidenza l’azienda di tessuti non ricevette in tempo la revoca dell’ordine quindi al rientro a Milano il tessuto era a loro disposizione.[3] Produssero la loro collezione successiva nel 1986 e aprirono il loro primo negozio lo stesso anno.[4] Michael Gross scrisse della loro terza collezione in un’intervista del 1992, affermando che “erano un segreto conosciuto soltanto da una manciata di editori di moda italiani. Le loro poche modelle si cambiavano dietro uno schermo traballante. Alla loro collezione di pezzi in cotone da magliette e seta elastica diedero il nome di ″Trasformazione″. Il loro abbigliamento in questa collezione era accompagnato dalle istruzioni circa i sette diversi modi in cui è possibile indossare un pezzo in un completo, poiché l’indossatore poteva utilizzare il velcro e le chiusure a scatto per modificare la forma dei vestiti”.[6] Fu la loro quarta collezione la prima ad avere un impatto significativo sul mercato italiano della moda. In questa collezione Dolce si rifece alle sue radici siciliane. La campagna pubblicitaria della collezione fu girata dal fotografo Fernando Scianna in un luogo in Sicilia, con fotografie in bianco e nero ispirate al cinema italiano degli anni 40. Continuarono a utilizzare il cinema italiano come ispirazione nella loro quinta collezione, prendendo come spunto il lavoro del regista Luchino Visconti e il suo film Il gattopardo.[4]
Uno dei pezzi della loro quarta collezione fu chiamato “Il vestito siciliano” dalla stampa della moda e fu indicato dall’autore Hal Rubenstein come uno dei 100 vestiti più importanti mai disegnati. È considerato essere il pezzo più rappresentativo per il marchio in questo periodo. Rubenstein ha descritto il pezzo nel 2012, scrivendo: “Il vestito siciliano è l’essenza di Dolce & Gabbana, la pietra di paragone sartoriale del marchio. Il vestito prende spunto da una sottoveste, ma è una sottoveste che ha adornato Anna Magnani, ed è una sagoma che ha ornato Anita Ekberg, Sophia Loren, [e così via]. Le cinghie si adattano strette al corpo proprio come quelle di un reggiseno; la scollatura scorre dritta, ma viene attaccata almeno due volte, una per ciascun lato, per accarezzare i due seni e nel mezzo per incontrare un’edificante piega che fornisce un lieve sostegno. La sottoveste non scivola semplicemente verso il basso, ma sale alla vita per tenere la figura con fermezza ma non troppo stretta, e in seguito si allarga per enfatizzare le anche, per cadere in modo leggermente rastremato alle ginocchia, in modo da garantire l’oscillazione delle anche mentre si cammina.[7]
( Testi tratti dal sito di Wikipedia )